Conversazione con Maria-Angela Silleni, fondatrice di Redacta
Il lavoro autonomo è atomizzato, solitario e generalmente difficile da organizzare. Svolgere una professione a partita IVA significa spesso non avere contatti con altre persone che operano nel medesimo settore e trovarsi in balia del mercato con poche sicurezze in fatto di diritti, welfare e fiscalità. Acta è un’associazione di lavoratori e lavoratrici freelance attiva sul territorio nazionale che ha creato una rappresentanza sindacale per lavoratori autonomi a prescindere dall’età, dal settore in cui operano e dalle convinzioni politiche. Tra le più importanti conquiste politiche dell’associazione c’è stata, nel 2017, l’approvazione dello Statuto del Lavoro Autonomo: si possono leggere le specifiche della legge, sulla pagina del sito dedicata.
Nel 2019 è nata una costola di Acta, rivolta nello specifico al mercato editoriale, Redacta. Per parlare dei diritti e delle lotte dei redattori e dei lavoratori editoriali freelance abbiamo intervistato Maria-Angela Silleni, una delle fondatrici della rete.
“Redacta nasce nel 2019 inizialmente come un progetto di ricerca sul lavoro editoriale” racconta Maria-Angela. “Sia io che altri colleghi volevamo capire se le nostre esperienze fossero significative da un punto di vista collettivo. Così abbiamo organizzato dei focus group a Milano, partendo da nostri contatti personali. Abbiamo poi deciso di ampliare lo sguardo con un sondaggio che ci ha portato qualche centinaio di testimonianze (e ne stiamo continuando a raccogliere con un modulo disponibile sul nostro sito). L’idea era quella di mettere in connessione persone che normalmente lavorano da sole. Uno dei passi fondamentali per organizzare questo tipo di lavoratori è innanzitutto quello di conoscersi di persona, vedere concretamente che non si è isolati. Prima della pandemia organizzavamo riunioni aperte a cui partecipavano diverse decine di persone. Ovviamente durante i mesi di lockdown il tutto si è spostato online”.
“Uno dei risultati principali del lavoro di ricerca sul campo di Redacta è stato quello di aiutare le persone a interrogarsi sulla loro posizione nel mercato. Molti non avevano mai riflettuto, per esempio, su quanto tempo impiegassero per correggere una cartella. Poi abbiamo confermato alcune nostre supposizioni, per esempio che la maggioranza di chi lavora nel settore lo fa da freelance, e che i dipendenti assunti sono pochissimi, circa il 7%, al netto degli stagisti. Ovviamente non si tratta di un campione statistico, ma comunque di dati utili. Gli ultimi che erano stati raccolti dalla Rete Redattori Precari (ora non più attiva) risalivano al 2012.” Grazie al sondaggio condotto nel 2019, Redacta è stata in grado di offrire ai suoi iscritti un database con i tariffari di moltissimi editori e a indicare dei compensi dignitosi per diversi tipi di lavoro editoriale.

La formazione e la struttura del mercato
Uno dei problemi più diffusi ed evidenti del lavoro autonomo è quello della monocommittenza, altrimenti detta “finta partita IVA”, ovvero quando un’azienda costringe ufficialmente o ufficiosamente un freelance a offrire servizi esclusivi senza però garantire i benefit di un dipendente. Quanto è diffuso questo modello nel mondo editoriale?
“Ovviamente dipende da caso a caso, alcune redazioni sono composte quasi interamente da freelance monocommittenti, con una scrivania personale e un compenso fisso mensile” continua Maria-Angela. “Ma da quello che abbiamo potuto vedere, la maggior parte dei redattori freelance lavora con più di un committente. Alle stesse case editrici comunque conviene avere dei collaboratori esterni più o meno fissi, che conoscano già la burocrazia e gli aspetti organizzativi: è un risparmio notevole. La monocommittenza è invece più diffusa tra i service editoriali, ovvero gli studi a cui le case editrici si rivolgono per esternalizzare determinati servizi, dalla stesura di libri, all’impaginazione, alla correzione di bozze. I collaboratori dei service sono molto più spesso a ‘finta partita IVA’. In generale, trattandosi di una terziarizzazione del lavoro, il compenso a parità di mansione è più basso di quello di chi lavora direttamente con le case editrici.”
Il percorso che porta a collaborare con le case editrici normalmente passa per master universitari e stage. “Stiamo cercando di dialogare maggiormente con le Università. Alcune offrono una buona infarinatura tecnica, ma quasi nessuna informazione su come muoversi una volta entrati nel mercato, in termini di tariffe, tempi di pagamento, diritti o previdenza sociale. Non abbiamo dati precisi sugli stage perché sono quasi tutti curricolari, di conseguenza non registrati ai centri per l’impiego. Sappiamo però che molte case editrici ricorrono sistematicamente a stagisti, senza prospettive di assunzione. Dopo l’esperienza redazionale alcuni di loro continuano a collaborare autonomamente con le case editrici.”
Il dialogo con Il Saggiatore
Un momento particolarmente importante per Redacta è stata l’interazione con la casa editrice Il Saggiatore, avvenuta tra febbraio e marzo del 2021. La casa editrice milanese ha infatti deciso di non ricorrere più ai collaboratori esterni per svolgere il lavoro editoriale. Redacta ha scritto una lettera aperta alla direzione editoriale con l’intento di avviare un dialogo e di rappresentare le istanze dei freelance a fronte di questa disposizione. Così si legge:
A partire dai primi giorni del 2021 il numero di commissioni affidate dalla redazione ai collaboratori esterni si è rapidamente azzerato. Considerando le riprogrammazioni delle uscite a cui molti editori hanno dovuto far fronte nel 2020 e data anche la natura discontinua della professione del freelance, tutti loro hanno tenuto duro, fiduciosi. La prima spiegazione di quanto stava avvenendo è arrivata verso la fine di febbraio: un’e-mail ha chiarito che a causa di una riorganizzazione gran parte delle fasi del lavoro redazionale non sarebbe stata più affidata ad alcun collaboratore esterno, salvo occasionali eccezioni.
Se comprendere le ricadute sul piano economico è piuttosto immediato, meno scontato è riconoscere il ruolo professionale che i collaboratori del Saggiatore si sono costruiti negli anni: le redattrici e i redattori esterni, da voi appositamente formati tramite stage, si sono occupati di buona parte del processo di lavorazione, dall’impaginazione fino alla correzione di bozze, talvolta di editing e revisioni. Pur senza alcun riconoscimento contrattuale o formale, i collaboratori esterni sono stati, in questo senso, “artefici” dei libri pubblicati dalla casa editrice.
“Esternalizzare il lavoro a dei freelance non può significare totale mancanza di responsabilità nei confronti dei lavoratori” spiega ancora Maria-Angela. “Il caso del Saggiatore è simile a molti altri: la casa editrice ricorre spesso ai medesimi collaboratori fissi, con pochi dipendenti in redazione. In questo caso, il lavoro per freelance si è di fatto azzerato da un momento all’altro. E non è un problema esclusivamente loro: questa scelta ricade anche sui dipendenti e sugli stagisti della redazione, che comunque avranno più lavoro sulle loro spalle, a scapito della qualità editoriale.”
Il Saggiatore non ha dato nessuna spiegazione per questa scelta, è quindi impossibile inferirne i motivi reali.
“Tuttavia, il fatto che ci sia stata una risposta a Redacta da parte della casa editrice è un ottimo segno” conclude Maria-Angela. “Significa che è possibile dialogare con i committenti, portare le istanze che rappresentiamo. Il nostro lavoro sindacale è partito dalla ricerca, dalla creazione di consapevolezza, e siamo arrivati a confrontarci direttamente con una direzione editoriale.”