Creare un librogame, con Gabriele Simionato
Avete mai sentito parlare di librigame? Si tratta di uno stile narrativo in cui il lettore è il diretto protagonista della storia, che ha uno svolgimento simile a quello di un gioco. Ma quando si scrive un librogame non si sta scrivendo un libro. E non si sta scrivendo un gioco. Ne abbiamo parlato con Gabriele Simionato, autore e editor.
Da dove hai iniziato per sviluppare la tua carriera nella scrittura di libri-game? Che background di studi o di formazione hai?
Sono originario di Udine, ma ho trascorso tutta l’adolescenza a Pordenone, dove mi sono diplomato al liceo scientifico. All’università però ho scelto Lingue Orientali, a Venezia. La passione per i librigame ce l’ho da… sempre. Non è esagerato. A sette o otto anni andavo al mercato di Pordenone per cercare i librogame nelle bancarelle, li collezionavo e li portavo ovunque. Per un certo periodo ho trascorso le ferie estive in Germania, e ogni anno ricordavo di portare con me una buona scorta. Li ho riscoperti di recente, grazie a internet. Volevo completare la mia raccolta, così mi sono avvicinato ai forum di altri appassionati, e ho visto con piacere che la fiamma non era spenta. Ho scaricato numerosi librigame amatoriali, creati da persone con il mio stesso interesse, e mi sono detto “perché non provarci?”.
La mia fortuna è stata di incontrare un abile autore, al quale proposi la mia prima fan fiction. Mi dovette tirare le orecchie e mi sussurrò la parolina magica: “editing”. Non ne avevo mai sentito parlare in tanti anni di scuola. Mi si è aperto un mondo. Da quella volta ho studiato qualsiasi manuale di scrittura mi capitasse a tiro. Dalla prima fiction (un libretto di 70 paragrafi) il mio interesse per la scrittura creativa è aumentato; dopo tre produzioni amatoriali sono stato contattato da Aristea, una casa editrice nata appositamente per pubblicare librigame. Volevano dare inizio a una nuova collana, e la mia idea per un librogame di genere fantascientifico trovò il favore della casa editrice. Dal 2018 ho avviato un’ottima collaborazione con loro, e ci stiamo avviando alla stesura del terzo librogame.
In cosa consiste il tuo lavoro? In che modo scrivere ed editare un libro-game è diverso rispetto a un normale testo di narrativa o saggistica?
Ricordiamo innanzitutto che “librogame” non è un genere, ma è uno stile. Io posso scrivere un librogame di genere storico, romantico, fantasy, horror, ma ciò che li contraddistingue è che il testo deve essere scritto in seconda persona (ovvero, si rivolge al lettore dandogli del “tu”, essendo il lettore il protagonista della storia), e la storia non è sempre la stessa quando il libro viene riletto.
Per scrivere un librogame bisogna averne letti molti. Bisogna aver coscienza dei mezzi a disposizione, e bisogna studiarli. Oltre a studiare l’editing “canonico” che si applicherebbe ai libri di narrativa, lo scrittore deve tenere a mente le diverse trame e sottotrame a cui ha dato vita, e devono essere coerenti.
Un errore che vedo fare spesso agli scrittori esordienti è quello di non mantenere il punto di vista. Il librogame è la descrizione di una vita parallela che ha come unico punto di vista quello del personaggio interpretato. Però alcuni dei neofiti tendono a descrivere la storia come se fossero dei Master di un gioco di ruolo e descrivono il mondo di gioco fornendo informazioni che il personaggio non dovrebbe avere (infatti io la chiamo “la sindrome da Game Master”). Ed è normale che succeda, poiché molti di essi provengono da quella realtà, ma basta poco per rimediare.
Il secondo errore più comune riguarda la scrittura delle regole del gioco, e consiste nel complicare le cose semplici; per esempio questa frase è un errore: “tira un dado per te e uno per l’avversario, chi fa di più vince lo scontro. In caso di parità ripeti il tiro”. L’errore sta nel proporre una situazione che evolverà con pari probabilità di vittoria (50%/50%), ma risolverla con tiri di dado superflui. Un modo più elegante sarebbe dire “tira un dado. Se ottieni un numero pari, hai vinto lo scontro”, o una formula equivalente. In genere anche questo tipo di errore deriva dal mondo dei giochi di ruolo, dove è pratica comune tirare molti dadi e fare molti calcoli. Ma non va bene applicato ai librigame, poiché le interruzioni della lettura devono essere minime e giustificate.
Una frase di Mauro Longo, autore di “Scrivi La Tua Avventura”, riassume efficacemente la questione:
“Non stai scrivendo un libro. Non stai scrivendo un gioco.”
Ovvero, nello scrivere un librogame non occorre fare sfoggio di ricercata arte oratoria, né occorre tramutarlo in un gioco da tavolo dal regolamento fedele alla realtà. La parte narrativa deve essere scorrevole, agile, chiarissima. La parte ludica deve essere semplice e divertente. A questa frase, io aggiungo sempre:
“Non stai scrivendo nemmeno un gioco di ruolo.”
Con questo intendo dire che anche l’immedesimazione vuole la sua parte. La voce narrante del librogame dev’essere quella interiore del personaggio, e tutto ciò che accade lo si percepisce grazie ai cinque sensi del personaggio. Perciò è giusto scrivere “La porta si apre” mentre è sbagliato “Vedi che la porta si apre”. Se il testo dice che la porta si apre, è ovvio che il personaggio veda la porta aprirsi, non serve specificare “vedi che”. Se il personaggio non vede la porta, il testo non deve dare questa informazione, né aggirare l’ostacolo usando formule come “non ti accorgi della porta che si apre”. Se non se ne accorge il protagonista, non se ne deve accorgere nemmeno il lettore.

A livello di mercato, in Italia, si tratta di un settore ancora di nicchia o piuttosto in espansione? quante case editrici esistono che oltre a libri pubblicano anche giochi da tavolo o librigame?
Il librogame è di nicchia, di nicchissima, i libri “di successo” stampano tremila copie, ma le cose vanno meglio rispetto a dieci anni fa. C’è un “Rinascimento” del librogame che dura ormai da cinque anni e va assolutamente in crescendo. È un settore che sta attirando anche pubblico femminile, anche grazie a nuove autrici e a libri con protagoniste femminili. Posso stimare che venga pubblicato un nuovo titolo ogni settimana. Sta nascendo una scuola italiana di nuovi librogame, che ha fatto tesoro dei problemi che si riscontravano nelle pubblicazioni degli anni Novanta, ne ha discusso, e ha escogitato soluzioni. I nuovi librigame sono prodotti molto più curati rispetto ai loro cugini di venticinque anni fa, e in genere hanno per destinatario un pubblico adulto anziché i bambini e gli adolescenti. Sono considerati anche come oggetti da collezione, e non più dei semplici “libretti per passare il tempo”; di conseguenza anche il comparto grafico e il comparto ludico si sono adeguati.
Quante case editrici esistono che oltre a libri pubblicano anche giochi da tavolo o librigame?
Non so dire una cifra, ma posso affermare che è più facile che i librigame provengano da una casa editrice classica (Salani, Mondadori, Giunti, ad esempio) piuttosto che da una casa specializzata in giochi da tavolo. I titoli considerati più hardcore, e più ben visti dagli appassionati, non provengono dalle grosse case editrici che hanno forse un approccio più tradizionale con l’oggetto-libro, ma da nuove realtà che sono emerse sul mercato più di recente. Mentre le grosse case si affidano soprattutto a scrittori già noti (anche se magari sono specializzati in tutt’altro), quelle emergenti puntano su autori che ben conoscono il medium, e per i quali si sta ritagliando solo adesso uno spazio. Gli aspiranti autori che non trovano una casa editrice disposta ad investire nella loro idea, talvolta scelgono la strada dell’autopubblicazione. Ciò comporta un ulteriore incremento dell’offerta a prezzi pur sempre contenuti, ma mi preme sottolineare ancora che per proporre un libro di qualità la passione non basta: serve studio e pazienza.
Un tuo libro è uscito da poche settimane: puoi anticiparci di cosa parlerà e quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ho iniziato la stesura del mio prossimo libro, ma sono così agli inizi che non posso rivelare nulla. Posso dire che la storia è ambientata in epoca e luogo mai osati prima in un librogame, e che al protagonista l’umanità intera deve molta riconoscenza.
Tornando al presente, “Yaga!” è uscito dalla tipografia a metà giugno. La protagonista è Baba Yaga, la terribile strega che tormenta la steppa russa. Vive in una capanna di legno di nome Izba, la quale corre velocissima su due zampe di gallina. I lettori interpreteranno Yaga, impegnata nel difficile compito di primeggiare sulle sue sorelle e ottenere la nomina di Strega Nera. Yaga è una megera decrepita, così vecchia da essere già morta tante volte… e ogni volta rinasce dalle ceneri del suo forno. È cattiva. Spietata. Diventerà lei la Strega Nera o… il suo destino è un altro?